I copioni
Passi la pedissequa imitazione di uno dei più belli e longevi serial della Tv americana.
Labels: comic, mass media, televisione
Passi la pedissequa imitazione di uno dei più belli e longevi serial della Tv americana.
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Labels: comic
Se c’è un periodo della propria vita al quale si ripensa con nostalgia, nove volte su dieci è il tempo della scuola: la tenera età dei pastelli a cera, i primi rossori timidi delle scuole medie, le seghe* delle superiori (maliziosi: nel gergo dei ggiovani, quelli con due g ovvio, è l’equivalente del letterario e obsoleto “marinare”…).
Ma oggi la squola, quella con la q, fiore all’occhiello del nostro Bel Paese, è un’antologia di rara bassezza e squallore (e forse anche per questo verrà ricordata dagli adulti di domani come i migliori anni delle loro miserabili vite).
Scoppia il caso della professoressa in perizoma palpeggiata nelle zone basse dai suoi audaci studenti: filmato su YouTube (poi censurato) e relativo servizio integrale e accurato di StudioAperto, edizione delle 12.25 di oggi, che finalmente riesce così a conciliare il dovere di cronaca con la sua ormai consolidata vocazione per poppe e natiche di cui riempie i suoi pregevoli e accurati servizi giornalistici (che arricchiscono le giovani menti, edotte in tal modo più che a sufficienza sull’anatomia umana della sgallettata di turno).
La cosa più pregevole del servizio realizzato oggi, è stata l’intervista telefonica (purtroppo non recuperabile da internet) realizzata alla professoressa vittima delle innocenti smanacciate: al di là del fatto che l’interessata ha dichiarato di non aver sentito pressoché nulla dopo 70 secondi buoni di sollazzo delle mani dei suoi studenti alle prese col il suo posteriore e col filo interdentale che lo "circuiva" (come da filmato), alla domanda se trovava opportuno presentarsi a scuola col perizoma risponde più o meno così: “ma, io non potevo sapere che si vedeva da fuori, e poi questo tipo di perizoma è venduto apposta affinché, se esposto alla vista, non sia sgradevole da vedere”. Dubitando che esistano perizomi che si vendono per essere sgradevoli alla vista (soprattutto quella maschile), aggiungiamo pure che non è questo il problema: cara prof, se il perizoma fosse stato sgradevole, stia pur certa che i suoi studenti le mani sarebbero andati a ficcarle altrove!
Ed ecco la prima rovina della squola, quella con la q, italiana: insegnanti sull’orlo di una crisi di nervi.
Ah, le mani! Sembra proprio che noi italiani non sappiamo tenerle a posto. Nemmeno i genitori di quelle povere creature che si chiamano studenti. Sì, si da il caso che nel Viterbese, una mamma convocata dalla preside per gli atti di bullismo, sopraffazione e violenza della figlia nei confronti dei compagni di classe, ad un certo punto non è più riuscita a controllare la gesticolazione nel corso del pacato diverbio con la dirigente dell’istituto: giù paccheri e sberloni alla preside che aveva avuto di dire a quella povera mamma che la sua cocca era una piccola delinquente.
Ed ecco la seconda rovina della squola, quella con la q, italiana: i genitori. Ad alcuni dovrebbero levare la patria potestà; oppure noi dovremmo chiedergli i danni per aver allevato, col sorriso ebete e compiaciuto, piccoli criminali.
E gli studenti? Vittime, sempre: della troppa libertà, della poca libertà; dei genitori autoritari, dei genitori assenti; degli insegnanti vendicativi, degli insegnanti ingenui. E così via, in una escalation di deresponsabilizzazione che, tra perizomi e paccheri, lascia sempre il posto ad una bella pacca sulla spalla, buonista e perdonista: “Va’ figliolo, per stavolta. Ma la prossima…”.
La prossima cosa?!
*Avrei potuto usare un’altra espressione, ma il fascino dell’ambiguo è stato troppo forte! Ad ogni modo, i modi per dire che si salta la scuola all’insaputa di tutti sono molteplici: fare sega, fare magno, marinare, giocarsela, bigiare. Dipende da regione a regione, da zona a zona.
Ne conoscete altri? Nei commenti please!
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"nel Cristianesimo, nell'Illuminismo e nel loro complesso rapporto"
Svelata finalmente l'utilità del DICO...
Labels: comic
E nonostante ciò il ddl Bindi-Pollastrini rappresenta una buona base di discussione, seppure migliorabile.
Importante è che, presso l’Anagrafe, gli interessanti si registreranno tramite una dichiarazione contestuale e non congiunta: ciò rappresenta una giusta differenza di principio tra chi si avvarrà del DICO e chi invece regolerà la propria convivenza attraverso il matrimonio civile.
La bozza del ddl sembra concentrarsi su quei diritti individuali la cui tutela, da più parti, era stata richiesta, e in fondo, poco importa se alcuni articoli del ddl paiono risultare un doppione di norme già in vigore: in primo luogo perché, tanto, l’Italia è già un Paese subissato da norme e leggi, superflue, inutili o doppie che siano, quindi, una più una meno, tale impostazione alla giurisprudenza italiana viene da lontano, e non spetta certo al ddl in questione mettere riparo al fiorire abbondante di norme e regole di cui è vittima il Paese; in secondo luogo, visto che siamo un Paese dove vige un numero sproporzionato di leggi che di fatto vengono spesso ignorate, mal interpretate, o derogate grazie ad altre leggi, diciamo pure che se il DICO va a tutelare diritti individuali già tutelati da altre leggi, in ogni caso, in Italia…repetita iuvant.
Però. C’è un però. Anzi, più di uno.
Ci sono provvedimenti all’interno del DICO che evadono dalla semplice e giusta tutela del diritto individuale. Per quanto non si tratti esplicitamente di un riconoscimento della pensione di reversibilità al convivente che sopravvive, di fatto il ddl sembra aprire a tale possibilità, previa riforma previdenziale. Ciò non rientra nella sfera dei cosiddetti diritti individuali e di fatto, surrettiziamente, introduce un’equiparazione (o quantomeno, l’intenzione di un’equiparazione) fra chi sottoscrive un DICO e chi contrae matrimonio; e allo stesso modo il diritto al mantenimento dopo lo scioglimento del DICO. La regolazione dei cosiddetti alimenti costringe gli stipulatori del DICO a contrarre obblighi che derivano piuttosto dalla natura del matrimonio civile.
Stando alle indicazioni del ddl possono in tal contesto verificarsi episodi profondamente ingiusti: vero è che si è tenuti a prestare gli alimenti solo per un periodo determinato in proporzione alla durata della convivenza e solo se la convivenza è perdurata almeno tre anni (esempio: convivenza di 5 anni, scioglimento, obbligo conseguente di versare gli alimenti all’ex convivente in stato di bisogno per almeno 5 anni), ma è anche vero che l’obbligo di versare gli alimenti cessa qualora l’avente diritto contragga matrimonio o inizi una nuova convivenza. Allora, supponendo che io conviva per 20 anni, cesso il mio status di convivente, mi faccio versare gli alimenti, intreccio una nuova relazione affettiva e sentimentale ma non la regolarizzo né col matrimonio né col DICO: e mi godo gli alimenti e il mio nuovo convivente alla faccia di quello vecchio. E alla faccia di quel DICO che tanto ho richiesto e di cui tanto avevo bisogno.
Al di là di questi casi estremi (ma non per questo indegni di nota), c’è poi la questione dell’accesso alle graduatorie per le case popolari: anche i contraenti DICO ne avranno accesso sì, giusto, ma quale punteggio verrà loro attribuito? Lo stesso che viene attribuito a chi contrae matrimonio? Anche questa norma potrebbe surrettiziamente introdurre un’equiparazione di fatto tra chi contrae matrimonio e chi stipula un DICO, evadendo così dall’intento dichiarato di normare e tutelare esclusivamente i diritti individuali delle persona coinvolte in convivenze di varia natura.
Il ddl nel complesso sembra avere il merito di essersi realmente concentrato sul rispetto e sulla tutela dei diritti individuali, anche perché tiene conto espressamente non solo delle cosiddette coppie di fatto (eterosessuali od omosessuali che siano), ma anche di tutta una serie di convivenze nuove e non tradizionali che le nostre società vedono irrompere in uno scenario sociale sempre più complesso, dinamico, frenetico e non convenzionale.
Starà all’iter parlamentare conciliare i principi con la pratica onde evitare che quest’ultima vada a ledere i primi; compito arduo e ardua sarà la sentenza: e visti i tanti nì in circolazione da una parte e dall’altra, l’ardua sentenza sembra più affidata ai posteri che non ai contemporanei.
E in ultimo: ma se DICO sta per Diritti e Doveri dei Conviventi, perché il DO di DIDOCO si è perso per strada? forse non siamo gli unici ad aver dei dubbi sulla natura dei doveri e sui problemi che comporta al DI(DO)CO metterli sul tappeto.
Il testo (da poco on-line) del ddl su Corsera
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