Versus vs versus

Sunday, January 28, 2007

Eros e Tanatos

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Thursday, January 25, 2007

Rigurgiti a sinistra

Chi pensava che la caduta del Muro di Berlino simboleggiasse il tramonto di un’ideologia fallimentare come quella comunista, ha di che ricredersi.
Voci e volti della sinistra radicale italiana hanno dimostrato come il sole, se tramonta, può tornare: e sono oscure nubi quelle che si addensano su Palazzo Chigi.
Le divergenze in politica estera, all’interno della coalizione di governo, sono ormai insanabili, e la maggioranza rischia di non essere tale per il voto parlamentare sul rifinanziamento della missione in Afghanistan.

Non sono tanto le beghe interne al centrosinistra le novità più interessanti, quanto invece lo sono alcune voci, più vecchie che nuove, che provengono forti dalla sinistra radicale.
E gridano, sulla scorta di una forza retorica e demagogica che mai si è sopita, il dissenso verso tutto e tutti.

Il no al rifinanziamento della missione italiana in Afghanistan è solo la vicenda più emblematica: se alcune critiche che la sinistra radicale muove a quell’atteggiamento simil-colonialista e imperialista da addebitare alle società industriali più avanzate (prima fra tutte, ovviamente, quella americana), sono più che legittime ed esprimono anche un fondo di verità innegabile, è anche vero che non si può ricondurre ad unico aspetto del problema l’intera questione del rapporto tra società occidentali e tradizioni di diversa cultura.

L’antiamericanismo di sinistra inteso come dissenso da alcune scelte e da alcune mosse, in campo politico internazionale, di alcune amministrazioni americane, fatte a partire dalla seconda metà del’900, può anche essere in una certa misura, condivisibile (a patto di ricordare anche alcune scellerate politiche attuate dai governi di tanti Stati europei): non sono invece altrettanto condivisibili, anzi, sono proprio irricevibili, le soluzioni e le strategie che la sinistra radicale prospetta.
Anzi, a dire il vero, la sinistra radicale non prospetta proprio alcuna soluzione, né strategia: vive in pratica di una strana sindrome per la quale i suoi adepti proprio non riescono a ragionare al di fuori di certi vetusti schemi ideologici, salvo poi non sentirsela di enunciarne le logiche conseguenze perché è universalmente noto che esse hanno non solo fallito miseramente, ma per di più anche tragicamente in talune circostanze.

Andar via dall’Afghanistan non è una soluzione, come non lo è stata per noi, né lo sarà per altri (e tantomeno per gli iracheni) andar via dall’Iraq. È legittimo discutere dell’opportunità e/o della necessità o meno di un intervento militare in queste aree del mondo, così come è accaduto, ma è fuor di dubbio che lasciare oggi scoperte quelle zone calde, in balia del loro destino, significhi giocare con il nostro stesso destino e con le sorti dell’intera comunità internazionale.
Fino a che ci saranno voci di chi vive quelle situazioni sul territorio, che richiederanno la presenza, militare e/o civile che sia, delle comunità occidentali, noi abbiamo il dovere morale di rimanervi, se non altro per non aggiungere al danno, la beffa.

La sinistra radicale progetta invece (magari non nelle intenzioni, ma sicuramente lo sarebbe nelle conseguenze) un ritiro monastico delle società occidentali che avrebbero, nell’immaginario del buon comunista-antagonista-disobbediente-pacifista-noglobal-antimperialista-sottoproletariofrustrato-radicalchic, mille motivi per fare ammenda dei propri peccati, fustigarsi, espiare con ogni sorta di punizione corporale, cilicio annesso.
Siamo noi, i trincatori di Coca-Cola, i colpevoli di ogni sorta di male inflitto al Terzo Mondo, al Medioriente, all’Asia e alla Papuasia.

È interessante, a tal proposito, l’intervista all’onorevole Diliberto realizzata oggi da La Stampa; insieme al consueto armamentario retorico-pacifista, il segretario del PDCI sfoggia orgoglioso il suo No alla missione italiana in Afghanistan: se in Afghanistan c’è una recrudescenza delle violenze e delle violazioni dei diritti umani, se c’è un governo instabile e se i signori della guerra ci sono ancora, sembra proprio tutta colpa delle nostre divise.
Il culmine lo si raggiunge quando dichiara che nell’ultimo anno la produzione di oppio è quintuplicata “tanto che il prezzo dell’eroina sul mercato italiano è quintuplicato, facendo molte più vittime”.
Quindi, se gli italiani si bucano e muoiono, è perché il nostro esercito sta in Afghanistan!
Meraviglioso!
E tutto ciò ignorando alcune semplici regole dell’economia di mercato: una produzione incrementa laddove aumenta la domanda, non viceversa! Senza contare che l’aumento dell’offerta, conseguente all’aumento della domanda, fa diminuire e non innalzare il costo del prodotto per il consumatore (inoltre, dubitiamo fortemente che i signori della droga versino i contributi e paghino gli straordinari ai coltivatori di papavero da oppio…)!
Ma si sa, la tentazione della retorica, specie quando non si hanno argomenti, è forte, e va anche a scapito del comune buon senso.

Fosse solo l’onorevole Diliberto a parlare. No. Non è così.

E che dire del candidato dell’ultrasinistra alla poltrona di sindaco a Genova, il raffinato poeta Edoardo Sanguineti? In pochi giorni ha sparato i colpi migliori di un arsenale che evidentemente non è stato mai smantellato: ripristino dell’odio di classe e pregevoli considerazioni sui ragazzi di piazza Tiananmen: i “poveretti” erano stati sedotti dalla Coca-Cola. Dichiarazioni indegne di qualsivoglia sensibilità umana e poetica.
È un risentimento che cresce quello che poi fiorisce in queste colorite espressioni; è ciò che cova chi sa di essere sì, sconfitto fra gli sconfitti nello scacchiere della Storia, ma senza dubbio, sa anche di essere più sconfitto di altri.
C’è una patologica e inconscia (neanche più di tanto) negazione della realtà storica e politica dei fatti
in personaggi come Sanguineti; è già alle porte Oreste Scalzone, pronto a rientrare in Italia dal suo esilio francese: una latitanza vissuta forse in ibernazione, se Scalzone crede che qui ci si prenda ancora a bastonate in piazza e che esistano ancora i proletari.
Sveglia! Oggi gli operai votano Forza Italia e i compagni sono solo quelli che chiedono i Pacs.

Non c’è nulla di più triste e commiserevole, ma forse anche di pericoloso, di chi non si arrende alla giustizia; ma non alla giustizia ordinaria, ma a quella giustizia amministrata da quel tribunale che è la Storia e che emette una sola sentenza, e senza appello.

Per quanto possa essere difficile da mandar giù, è più simbolo di libertà la Coca-Cola di quanto non lo sia la Bandiera Rossa.

Magari, con un sorso, è più facile da digerirlo.

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Tuesday, January 23, 2007

Spy story

Di nuovo c’è solo che si comincia a parlarne, pur se con cautela.

Forse i media inglesi hanno nasato i particolari da Bond-story e ne parlano, e il vento britannico, seppur debole, soffia anche dalle nostre parti, e per ovvie ragioni.

Itv, emittente inglese, ha trasmesso ieri un’intervista ad Aleksandr Litvinenko (rimasto vittima di un attentato alla sua persona il 22 novembre scorso) nel corso della quale l’ex agente del Kgb parla del premier Romano Prodi come di un “uomo” dei disciolti (?!) servizi segreti russi.
La notizia, ripresa dalla BBC e solo in parte da qualche media italiano, non è affatto nuova: già ai tempi del caso Litvinenko, qualche mese fa, ai fanatici delle spy-stories non può essere sfuggito questo video:




Il video è autentico e risale al 3 Aprile 2006, ed è possibile verificarne l’originalità qui e, integralmente, qui.
Strano che finora sia stato abbastanza ignorato dai media nostrani, spesso dediti al finto scoop, quanto è strano che nemmeno parzialmente se ne è fatto uso nella scorsa campagna elettorale, per quanto avrebbe potuto generare il famigerato effetto boomerang.

Solo illazioni e nessuna prova a carico del premier italiano, stando a quanto riportano con sicurezza i media: quel che è certo è che un giallo così intricato affascina non poco l’opinione pubblica, e se qualcuno decidesse di ingigantire l’onda mediatica onde sfruttarla, certo il Presidente del Consiglio italiano e il suo staff avrebbero non pochi grattacapi nello smontare un caso che appare assai inverosimile, e che però è arrivato fin dentro il Parlamento Europeo, e la cui latitanza a livello mediatico non può che favorire le tesi dei cultori del sospetto. Ecco spiegato il no comment che arriva dall’entourage di Prodi nonostante le insistenze dei media inglesi.

Bastano un video e il coinvolgimento di personaggi legati agli ambienti dei servizi segreti per fare di Romano Prodi un uomo del KGB?

Per saperne di più: Rivoluzione Italiana e Orpheus


Aggiornamento del 25/01/2007: la soap opera continua. Oggi la Repubblica (edizione cartacea) riporta alcune dichiarazioni che smentiscono la veridicità del video di Scaramella e Litvinenko trasmesso dai media inglesi. Sarebbe stato costruito ad arte per diffamare il Presidente del Consiglio.
La vicenda avrà sicuramente altri sviluppi: certo è che tutto ha avuto inizio dal caso Mitrokhin che ha scatenato un intreccio tra media e politica, inglese e italiana, che vede ancora tanti lati oscuri.

Questi brandelli di notizie e dichiarazioni difficilmente verificabili non servono certo la verità (e che spy story sarebbe?!): cui prodest allora?

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Tempi moderni

“È fuggito all'estero con due milioni di euro truffati a parenti, amici, colleghi e a esponenti della politica locale. Gianluca Merchiori, 40 anni, ex segretario di Rifondazione comunista di Ferrara è fuggito ai Caraibi.”

Una volta, si limitavano a mangiare i bambini…

Notizia tratta da: TG5

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Monday, January 22, 2007

Tenera è la notte


PAX O PACS
?
Foto e notizia tratte da: Quotidiano.net

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Friday, January 19, 2007

Vivere

Sottoponiamo alla Vostra riflessione, qui di seguito, il Manifesto: “Per il coraggio di vivere e far vivere”.

Se anche Voi lo condividete, come noi, è possibile sottoscriverlo cliccando qui.
PER IL CORAGGIO DI VIVERE E DI FAR VIVERE

MANIFESTO

PER LA GARANZIA DI UNA PRESA IN CARICO GLOBALE:
DI TRATTAMENTO, CURA E SOSTEGNO E
CONTRO L’ABBANDONO, L’ACCANIMENTO E L’EUTANASIA NEL NOSTRO PAESE
In un contesto in cui l’autonomia della persona malata o con disabilità viene univocamente
interpretata prima di tutto come il diritto di dire di no e di rifiutare qualcosa, favorendo una linea rinunciataria che sembra minare l’alleanza terapeutica tra medico e paziente, e tenta di far rientrare l’eutanasia tra i compiti della professione medica, i promotori di questo documento
ritengono importante ribadire quanto segue:

1. Il riconoscimento della dignità dell’esistenza di ogni essere umano deve essere il punto di partenza e di riferimento di una società che difende il valore dell’uguaglianza e si impegna affinché la malattia e la disabilità non siano criteri di discriminazione sociale e di emarginazione. Questo riconoscimento richiede anche concreti investimenti sul piano economico e su quello culturale, per favorire un’idea di cittadinanza allargata che comprenda tutti, come da dettato Costituzionale, e per riaffermare il valore unico ed irripetibile di ogni essere umano, anche di chi è talora considerato “inutile” poiché, superficialmente, giudicato incapace di dare un contributo diretto alla vita sociale.

2. Il dolore e la sofferenza (non solo fisica), in quanto tali, non sono né buoni né desiderabili, ma
non sono senza significato: l’impegno della medicina e della scienza per eliminare o alleviare il
dolore delle persone malate o con disabilità, e per migliorare la loro qualità di vita, evitando ogni
forma di accanimento terapeutico, è un compito prezioso che conferma il senso della professione
medica, non esaurito dall’eliminazione del danno biologico. La medicina, i servizi sociosanitari e,
più in generale, la società, forniscono quotidianamente delle risposte ai differenti problemi posti dal dolore e dalla sofferenza: risposte che vanno potenziate e che sono l’esplicita negazione
dell’eutanasia, del suicidio assistito e di ogni forma di abbandono terapeutico.

3. Non si possono creare le condizioni per l’abbandono di tanti malati e delle loro famiglie. È inaccettabile avallare l’idea che alcune condizioni di salute rendano indegna la vita e trasformino il malato o la persona con disabilità in un peso sociale. Si tratta di un’offesa per tutti, ma in particolar modo per chi vive una condizione di malattia, questa idea, infatti, aumenta la solitudine dei malati e delle loro famiglie, introduce nelle persone più fragili il dubbio di poter essere vittima di un programmato disinteresse da parte della società, e favorisce decisioni rinunciatarie.

4. Occorre rinsaldare nel Paese la certezza che ognuno riceverà trattamenti, cure e sostegni
adeguati. Prima di pensare alla sospensione dei trattamenti, infatti, si deve garantire al malato, alla persona con disabilità e alla sua famiglia ogni possibile, proporzionata e adeguata forma di trattamento, cura e sostegno. La Costituzione Italiana, tutte le leggi vigenti in Italia, oltre alla Convenzioni sui Diritti dell’Uomo e alla recente Convenzione ONU sui diritti e la dignità delle persone con disabilità, affermano la dignità di tutti ad avere il diritto all’accesso alle cure.

5. I promotori e i firmatari di questo documento si impegnano, nell’ambito delle loro professioni e secondo le loro competenze, a sostenere e difendere sempre il principio dell’accesso ad ogni tipo di intervento socio-sanitario per tutti e il chiaro NO ad ogni forma di induzione volontaria della morte o di pratica eutanasica e di implicita o esplicita istigazione al suicidio assistito.

6. La morte è un fatto e non un diritto: per questa ragione non può essere oggetto di una scelta
sostenuta dalla società civile. Ciò non significa negare il valore dell’autonomia e della libertà della
persona, ma riconoscere che il valore di ogni scelta dipende dal suo contenuto. In ogni caso,
l’equiparazione della scelta di chi vuole vivere e di chi vuole morire è scorretta per la semplice
ragione che solo la vita, e non la morte, è il fondamento dei diritti umani e della loro tutela.

7. Lo sviluppo della medicina, così come oggi la conosciamo e la pratichiamo, è stato ed è reso
possibile solo da una concezione “positiva” dell’esistenza umana, capace di accettare la sfida
dell’assistenza e della cura, anche di fronte alla patologia più severa e al declino fisico e psichico
della vecchiaia.

I promotori e coloro che aderiscono a questo manifesto ritengono che sia importante garantire una società che non abbia paura del dolore poiché usa la scienza, le leggi e le competenze per combatterlo. Ciò che era considerato incurabile e inguaribile cento anni fa oggi è spesso curabile e guaribile, e l’oscurantismo e la paura non appartengono a chi ha fiducia nell’uomo, nella sua capacità e nel suo coraggio.

Si invitano coloro che condividono le tesi qui espresse a firmare il documento e a promuoverlo in
tutte le sedi ritenute opportune.

I promotori del documento sono:

• Felice Achilli, medico; Presidente Medicina e Persona; Direttore U.O.Cardiologia,Ospedale
Manzoni, Lecco
• Marco Brayda-Bruno, medico, Direttore U.O. Chirurgia Vertebrale III, IRCCS Ist.
Ortopedico.Galeazzi Milano
• Dario Caldiroli, medico, Direttore U.O. Neuroanestesia e Rianimazione, Fondazione
IRCCS Ist. Neurologico C. Besta, Milano
• Bruno Dalla Piccola, medico, Direttore Scientifico IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza,
Presidente Scienza e Vita, Roma
• Maria Luisa Di Pietro, medico, Presidente Scienza e Vita, Roma
• Giovanni Battista Guizzetti, medico, Direttore U.O. Stati Vegetativi, Bergamo
• Vladimir Kosic, delegato OMS per l’Italia-Functioning and Disability Reference
Group, Presidente Consulta dei Disabili Friuli Venezia Giulia; Trieste
• Matilde Leonardi, medico, delegato OMS per l’Italia-Functioning and Disability Reference
Group, Vice Presidente nazionale FIAN, Milano
• Mario Melazzini, medico, Direttore U.O. Day Hospital Oncologico IRCCS Maugeri;
Presidente nazionale AISLA, Pavia
• Adriano Pessina, filosofo, bioeticista, Direttore Centro Bioetica UCSC, Milano-Roma
• Valeria Zacchi, medico, Direttore Sanitario IRCCS Fatebenefratelli, Brescia


Per sottoscrivere e/o prendere visione del Manifesto nell’originale in versione pdf (per quanto nulla qui sia stato omesso o modificato contenutisticamente), clicca qui.

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Tuesday, January 16, 2007

Non perdiamo la testa

Con la dovuta premessa di un no chiaro alla pena di morte, tuttavia le chiacchiere moraliste di questi giorni fanno accapponare la pelle.
Ma forse, sono la logica conseguenza di tutta una serie di operazioni ipocrite compiute in un Iraq che si voleva Freedom e che invece si ritrova in una guerra civile non dichiarata eppure palese.
Prima ipocrisia su tutte: siamo andati in Iraq per esportare la democrazia.
Di qui, il resto.
Gli americani hanno perso tanti giovani soldati nel pantano iracheno, l’Europa non è stata da meno, ma che si salvi almeno la faccia, santo cielo!
Non si può agire e poi non assumersi i rischi che le proprie azioni politiche e militari hanno comportato.
Esportare la democrazia con modalità da corso intensivo stile “impara ad essere democratico in 4 settimane con gli occidentali che ti fanno da tutor” è un progetto già di per sé improponibile. In Iraq c’era un’ingiusta forma di governo, vero, ma una forma stabile di governo. Era da mettere nel conto che l’instabilità del paese maturata a seguito dell’intervento militare, avrebbe generato violenze e atrocità inaudite a seguito di rancori secolari mai sopiti. Inutile scandalizzarsi e fare i benpensanti di turno da sciopero della fame, di fronte a delle dinamiche umane che la storia insegna chiaramente. Non esiste cambiamento geopolitico né tantomeno rivoluzione che non abbia avuto la sua scia di morti accompagnata dall’odore acre del sangue.
I perbenismi oggi sono superflui, e suonano come lacrime di coccodrillo sul sangue versato.

Il problema da affrontare è: quanto queste vendette mascherate da giustizia sommaria incideranno su un conflitto interno all’Iraq che, allo stato delle cose, pare inevitabile?
Quali equilibri si svilupperanno nei prossimi mesi e anni, dato che la partita irachena si gioca su di uno scacchiere ben più ampio che non le terre attorno a Baghdad?
Che posizione assumeranno gli Stati Uniti in un conflitto che sotto sotto è allargato tanto all’Iran che supporta in Iraq gli sciiti, quanto all’Arabia Saudita che invece foraggia i sunniti?
Che ruolo riuscirà a giocare l’Europa?
Quali orrende carneficine attenderebbero quelle terre già martoriate se anche i curdi si presentassero nel mezzo del conflitto agguerriti poiché desiderosi da tempo di una propria terra a nord dell’Iraq (dove tra l’altro hanno sede i maggiori luoghi di culto degli sciiti, la cui popolazione invece è più concentrata a sud del paese)? Per non parlare del petrolio…

Di fronte ad una situazione così complessa che non trova soluzione (e a nulla vale il nuovo intervento militare auspicato dal presidente degli USA), qui in Europa giochiamo ancora a fare i puri di cuore e i poveri in spirito: prima stordiamo gli iracheni col fascino hollywoodiano della freedom, destituiamo e imprigioniamo il boss tiranno e sanguinolento nemico della peace; poi, quando loro finalmente gettano il demonio dalla rupe, ecco che gli diciamo che loro sono dei parvenu della freedom, non capiscono un bel niente, al massimo la loro è democrazia da circo.
Solo che i domatori di questo Barnum siamo stati noi.
E adesso ci lamentiamo che la rivoluzione impicca la gente, dimenticandoci che all’indomani della Rivoluzione Francese e della Restaurazione, l’unica buona idea che rimase in Europa di quegli anni formidabili, fu la ghigliottina.

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Tuesday, January 02, 2007

Chiuso per ferie

Ciao a tutti!

Il blog non verrà aggiornato fino al 9 Gennaio.

Ci prendiamo un po' di vacanza per tornare più cattivi e indisponenti di prima, tanto per cominciare bene il nuovo anno!

Buon 2007!

A presto
AV

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