Versus vs versus

Thursday, May 24, 2007

Caccia all'ascella pezzata

Con l’approssimarsi dei caldi estivi, un colpo di sole ha folgorato le luminose menti della polizia tedesca; in occasione del G8 in programma dal 6 all’8 Giugno in quel di Heiligendamm, fra le misure preventive adottate per evitare che le manifestazioni no-global degenerino in violenza, c’è l’arma estiva più temuta: l’ascella pezzata, nemica pubblica numero uno dell’igiene personale.
In sostanza, pare che nel corso dell’ultimo retata tedesca effettuata nei centri sociali e nelle abitazioni private di coloro i quali sono considerati tra i più facinorosi, siano stati in qualche modo prelevati e conservati loro campioni di sudore; all’occorrenza, questi campioni verranno fatti annusare alle unità cinofile che, nel mezzo del corteo di protesta, rintracceranno il sudicione di turno e se ne faranno un sol boccone.
Metodi da Stasi, come da più parti sottolineato, che, nonostante il contesto a tratti grottesco, portano la riflessione su una società odierna dove allo straordinario potere della libertà (di stampo liberale) sorretto dal progresso delle tecniche, si è affiancato e rafforzato sempre più il concetto di quella privacy che oggi ciascuno reclama per se stesso, e ciò proprio perché quello stesso progresso delle tecniche, che pure sorregge la libertà e il suo potere, al tempo stesso ne attenta la sopravvivenza, tanto che da oggi ci toccherà pure non sudare.
Per garantirsi la libertà, almeno per questi due o tre mesi bollenti che ci attendono, non resta allora che comprarsi un bel condizionatore.



Per la notizia di cronaca: Tgcom


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Sunday, May 13, 2007

La maggioranza non è più silenziosa

C’è oggi una minoranza nel Paese che deve fare i conti con il successo del Family Day, e non può né deve essere il contrario.
Un milione di persone, dedite solitamente alla cura della casa che non a quella della piazza, sarà forse poca cosa rispetto ai tanti milioni di italiani, ma è abissale la distanza (numerica) che separa Piazza San Giovanni da Piazza Navona dove i laici manifestano per il loro coraggio, non senza coraggio, è il caso di scriverlo, visti i numeri a loro favore poco lusinghieri.
Fatta la proporzione statistica, è necessario prendere coscienza delle tendenze di questo Paese e dei bisogni di tutela che esso esprime, senza abbandonarsi a facili cliché, anche offensivi, per i quali un milione di persone sarebbero state “servi del Vaticano”, che equivarrebbe a dire che poche decine di migliaia di persone in Piazza Navona sarebbero state tutte gay, trans o pervertiti di vario colore e natura; non si può e non si deve ridurre tutto a scontro verbale becero e folkloristico.
Ci si è confrontati su valori e beni da tutelare e i numeri danno ragione alla famiglia: basta affinché i laicisti considerino la propria posizione di minoranza? Basta affinché si possa dire che questa stessa posizione di minoranza deriva da una stortura ideologica del concetto di laicità? Basta affinché si possa ribadire quella famiglia naturale che, costituzionalmente, è nucleo fondante della società civile e del suo progresso?
Non ci si può nascondere dietro la maschera storta della laicità, trincerandosi in una piazza semideserta a fare la conta dei superstiti, negando il dialogo con chi ha una posizione sì diversa, ma legittima.
Domani, a proposito del Family Day, si parlerà di pullman gratis, di comitive organizzate per una scampagnata giocosa e gratuita nella Città Eterna, così come si fa quando ad organizzare imponenti manifestazioni sono i sindacati, o la sinistra col suo popolo di affezionati alla piazza; e saranno per l'appunto polemiche sterili e fuori luogo, come sempre e più di sempre, perché qui, stavolta, nessun vessillo politico è svolazzato sopra il corteo. Il corteo di una maggioranza che da silenziosa ha saputo farsi rumorosa, a suon di slogan, tamburi e fischietti, proprio come sono soliti fare altri; altri che si sono scoperti ieri minoranza rumorosa, e che farebbero bene a tacere un po’ per riflettere su stessi, le loro idee, e su quello che il Paese pensa e vuole. Senza negare loro il diritto di tornare a rumoreggiare ancora: la maggioranza silenziosa non glielo negherebbe mai, né mai l’ha fatto.

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Tuesday, May 08, 2007

Due pesi e due misure

Il rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni, ha preso forte posizione contro i Dico: «secondo la nostra tradizione la società che sta per compiere queste scelte supera abbondantemente limiti illeciti e nostro dovere è opporsi a queste scelte, non rimanere indifferenti».
Laicisti, dove siete?
Possibile? Nessuno che gridi all’INGERENZA?
L’ingerenza dev’essere allora una prerogativa cattolica…
Possibile che Di Segni non sia degno nemmeno di una piccola invettiva laicista affidata ad una breve Ansa?
Dai Capezzone, pensaci tu, non ci deludere!

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Thursday, May 03, 2007

Il Maggio trasteverino

Degno di cronaca non vi sarebbe alcunché a dire il vero, se non fosse stato L’Osservatore Romano a dare un palcoscenico, ben più ampio di quello del concerto del Primo Maggio, al pressoché sconosciuto guitto Andrea Rivera da Trastevere, che dal proscenio della più famosa Festa dei Lavoratori in Italia, ha lanciato la sua polemica invettiva contro la Chiesa Cattolica.
Ma anche il quotidiano d’Oltretevere ha deciso di tener fede a quell’impegno, più o meno discutibile e proficuo, che sta caratterizzando questa fase della Chiesa cattolica, di ribattere colpo su colpo ad ogni attacco, senza esclusioni di colpi (per l’appunto).
Ma, per dibattere della questione, è fondamentale chiarire se le affermazioni del Rivera rappresentano una critica voluta, con pretesa di fondatezza, o sono facile satira.

Se quella dell’artista (?!) voleva essere una fondata critica, questa ha palesato un’ignoranza di fondo madornale, anziché una sensatezza minimamente razionale; in primo luogo, la notizia per la quale il Papa avrebbe negato l’evoluzionismo non trova riscontri in alcun documento del Magistero della Chiesa (vincolante per il credente di fede cattolica), né in alcuna Enciclica, né in qualsivoglia altro documento redatto dalla Chiesa sotto il pontificato di Benedetto XVI.
Se poi il Papa avesse anche detto (e non scritto di Suo pugno) di non credere all’evoluzionismo, nel corso di un colloquio più o meno pubblico, più o meno ufficiale (colloqui dei quali il solo Rivera pare essere a conoscenza), l’opinione personale del Pontefice non intaccherebbe minimamente né il corpus dottrinale della Chiesa, né tantomeno il fatto che ampiamente oramai, la Chiesa riconosce la fondatezza razionale della teoria di Darwin.
Ad ogni buon conto, il caro Rivera, che si erge a buon pastore e professore del proprio gregge, pontificando perle di saggezza dall’alto della sua cattedra con vista su San Giovanni Laterano, se avesse studiato un po’ di più, probabilmente saprebbe che una teoria scientifica come quella di Darwin è un modello interpretativo della realtà del mondo, non è la realtà del mondo: oggi gli scienziati mettono in discussione la teoria della relatività di Einstein perché grazie ai nuovi dati di cui la scienza dispone, quel modello non è più funzionale, o perlomeno, non lo è più in maniera ottimale così come lo era solo 10 anni fa.

Certo, oggi tutti siamo più o meno convinti dalla teoria darwiniana, ma non si nega a nessuno la libertà di credere ad altro se lo si ritiene più convincente: se Rivera pensasse che gli asini volano, o di saperla più lunga degli altri, perché negare lui quest’illusione che fortifica il suo spirito e la sua autostima?
Per inciso, ad uso e consumo di Rivera, è giusto precisare che se esiste un darwinismo rifiutato dalla Chiesa Cattolica, questo non è quello di tipo biologico (cioè la teoria dell’evoluzione della specie), bensì quello di tipo sociale di matrice positivista.
Venendo ai funerali negati a PierGiorgio Welby, presumendo che il Rivera non abbia mai fatto nemmeno una lezioncina di catechismo in vita sua (e se l’ha fatta dormiva…), qui siamo nuovamente di fronte a quella che Aristotele non esiterebbe a definire ignoranza colpevole: la Chiesa Cattolica è dotata di una sua dottrina morale che non concede il rito funebre nel caso in cui una persona abbia espresso ripetutamente e con caparbietà, nel pieno delle sue facoltà mentali, il desiderio di mortificare il dono della vita (così lo chiamano loro…) con la chiara volontà suicida. Piaccia o non piaccia, questa è la regola: non si capisce perché mai ad un uomo di estrema coerenza come PierGiorgio Welby non gliene sia mai importato nulla dei funerali religiosi, mentre chi ha combattuto la sua battaglia con lui debba con ostinazione additare come colpa della Chiesa non avergli concesso i funerali.
Ma insomma Rivera, al paradiso si crede o non si crede, tertium non datur: se ci si crede, anche il paradiso ha, qui sulla Terra, che si sappia, le sue regole, belle o brutte che siano, se non ci si crede…Amen.

Se invece, quella dell’artista (!?) voleva essere satira, allora qui si mette a tema l’opportunità di una tal satira in un tal contesto, perché la satira, la sua funzione, la sua utilità, le sue conseguenze, e anche il suo potere di suscitare ilarità e al contempo di indurre a riflessione, dipende anche dal contesto. Rivolgersi ad una folla perlopiù anticlericale e arringarla con argomenti tanto infondati quanto populisti, rischia non tanto di far ridere e riflettere, quanto di sollevare a livello epidermico quell’astio nei confronti dell’istituzione ecclesiastica che cova sotto pelle, troppo spesso in maniera immotivata e insensata proprio perché troppi sono i pastori alla Rivera che non sanno neanche loro da che parte sono girati.

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