Versus vs versus

Monday, November 27, 2006

La sai l'ultima?

Sterili polemiche sulla satira: nessuno finirà all’inferno per l’imitazione di un papa o del suo segretario, e nonostante il troppo rumore, noi, ci ostiniamo di credere che in Vaticano abbiano ben altro a cui pensare che non ad un Fiorello o ad un Crozza qualunque; almeno, si spera.
La satira sul papa poi, esiste da sempre: particolarmente arguta quella sul papa re che vanta una tradizione che va da quella altolocata di Giuseppe Gioacchino Belli a quella più popolana, ma non per questa meno apprezzabile, della leggendaria figura di Pasquino.
E il problema infatti, non sta nella satira che si fa del cattolicesimo, questa è pienamente legittima: si può disquisire di buono o cattivo gusto, ma questo, è un altro paio di maniche.
Ciò che inquieta è l’ennesima ipocrisia laicista mascherata di dolci, rispettose e ossequiose buone intenzioni; buone intenzioni che, non si sa perché (forse lo si sa, a dire il vero) si manifestano sempre come tese nella stessa direzione.
La satira sul cattolicesimo dunque sta bene: ma perché non satireggiare su altre religioni? La domanda è più che legittima. I guitti accampano la più credibile delle scuse: se si chiede loro di farci ridere sull’Islam, ci rispondono che è una realtà che conoscono poco, che il pubblico stesso conosce poco; insomma, tutti rideremmo poco. Possiamo pure farcela andare giù la tal motivazione, ma mica per molto ancora, se è vero come è vero che le nostre società occidentali sono sempre più multiculturali, multietniche e multireligiose. E poi, proprio a ben vedere, la satira, fin dai tempi di greci e latini, è conservatrice: si fustigano e si deridono le novità, il diverso, ciò che si inserisce come nuovo in un contesto di abitudini e tradizioni già assodato, e questo proprio per esorcizzarlo il nuovo che avanza, inserirlo, rendercelo più familiare attraverso una risata. Non è una scusa ben argomentata quella dei capicomici dunque, ma è la meno fastidiosa.
Molto più fastidiose (e che fanno anche ridere per non piangere) sono certe argomentazioni folli e prive di senso che non di rado sono espresse. Secondo taluni infatti, la satira non offende la sensibilità religiosa di un cattolico tanto quanto offenderebbe quella di un musulmano; una posizione questa, sostenuta mescolando fra loro piani differenti. Non si può sostenere infatti che il maggior o minor grado dell’offesa dipenda dalla rilevanza teologico-dottrinale delle figure oggetto di scherno; non si può sostenere cioè che prendere in giro il papa è meno grave che prendere in giro il profeta maometto, poiché non è la comparazione della loro rilevanza all’interno di due rispettive confessioni di fede quella che è in gioco, ma è in gioco bensì la sensibilità del credente, e misura di una sensibilità offesa non è certo un metro che afferisce alla dimensione teologica: è un sentimento personale quello che viene leso da una battuta di pessimo gusto, mica una dottrina religiosa. A pensar che venga lesa una dottrina intera è proprio il credente di fede musulmana (che tra l’altro, non avendo storicamente mai avuto una teologia forte colla quale foraggiare la propria fede, di riflesso vede, in una qualsiasi ironia satirica rivolta ad un aspetto della sua fede, un’offesa alla totalità trascendente di Allah); insomma, il laicista ragiona come un uomo di fede musulmana (sic!). Ragiona invece come un talebano cattolico quando afferma (raggiungendo l’apice della sua dogmaticità) che non si sognerebbe mai di far satira sui testi sacri, di qualunque credo siano, e che mai nella storia della satira sono stati derisi bibbia e vangeli. Al di là della spudoratezza dell’ultima affermazione (ma chi anche tra i comuni mortali non ha dileggiato la bibbia o il vangelo almeno una volta nella vita, chi? Alcuni comici ci hanno campato per anni…), la domanda è un’altra: qual è il motivo per cui ci sarebbe proibito addirittura moralmente di far satira su testi che per una parte della società civile sono sacri? Esiste un’argomentazione razionale, o è la paura del fulmine di giove (o forse, degli integralismi che fanno rima con terrorismi…)? È il rispetto dovuto ciò che me lo impedisce? Il rispetto si porta evitando la volgarità e l’insulto gratuiti, qui si parla di ridere insieme di un mosé che separa le acque tanto quanto di un maometto che vola in sella ad un cavallo con la testa di donna: entrambi gli episodi sono contenuti nei testi sacri delle due religioni, che facciamo? Ci tratteniamo dal sorridere? Non vorremmo che per rispetto, gli amici laicisti intendessero significare che dobbiamo anche crederci a certe cose, farebbero prima a dirsi pagani creduloni e non più amici della ragione umana che dubitano d’ogni cosa che si professa per fede. Sembra che questo professato rispetto sia piuttosto paura, paura di offendere chi non accetta le regole di una democrazia e di una società laica che prevede e si è conquistata anche con il sangue il diritto alla libertà di espressione in ogni sua forma debita, libertà che non può essere limitata da nessun credo religioso, né cattolico né islamico.
La satira non ha solo il diritto, ma perfino il dovere di esercitarsi sulle realtà costituite dalle confessioni religiose avendo come limite il solo limite che la comunità umana possa imporre, ovvero quello della decenza, della delicatezza, della non volgarità.
Porsi da sé dei limiti non richiesti dalla morale è una sconfitta per l’intelletto, per la ragione, per la società libera.
Che nessuno si senta in dovere di ammutolire la propria voce, ma anzi ciascuno si batta fino alla morte per il diritto di espressione e di parola di ciascun altro. Anche e soprattutto se quest’ultimo esprimesse ciò che al nostro pensiero non appartiene. È un principio cardine questo, abbatterlo significherebbe l’avvento dell’era di un barbaro, rassegnato silenzio.

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Saturday, November 25, 2006

House M.D.

In principio fu Emergency Room a rivoluzionare il medical drama: sangue e sudore, fatica e meschinità piccole e grandi, riprese da carrello della spesa e primi piani da dilemma etico incombente. Oggi la nuova frontiera porta il nome del dottor Gregory House, medico diagnosta, anzi no, il più grande diagnosta di tutti i tempi, di stanza al Princeton Plainsboro Teaching Hospital, in New Jersey.

Il personaggio, nato dalla creatività di David Shore, è di quelli che vengono fuori dal cilindro e riescono una volta su cento: ed è un vero e proprio miracolo televisivo, un evento eccezionale se si pensa a quello che House è: brutto, sporco e cattivo, e per giunta storpio e dipendente dai farmaci. E tuttavia, viziato dal suo capo Cuddy, assecondato dall’amico e collega Wilson, tollerato pazientemente dai suoi assistenti Chase, Foreman e Cameron.


Insofferente alle regole, privo di qualsiasi etica medica ma non di moralità, è il contatto umano ciò che rifugge con ogni sua forza: cura la malattia, non il malato, che spesso non incontra mai, se non per pochi minuti, e del quale quasi sempre non conosce neppure il nome.

Il suo modo d’essere è il più doloroso e al tempo stesso il più efficace j’accuse alle fragilità e alle piccole miserie della condizione umana; fragilità, peccati e debolezze dai quali nemmeno lui è immune, e che tuttavia tenta di curare attraverso la maschera del medico, dello specialista in malattie infettive che annulla l’uomo e il suo intrinseco bisogno di socialità e relazioni.


Narcisista tanto da non preoccuparsi minimamente di bell’apparire, dottor House non è solo un moderno Sherlock Holmes dell’arte medica, ma anche una tanto feroce quanto sottile critica ad una realtà dell’immagine dove le persone credono di poter gestire gli accadimenti della vita così come si fa in General Hospital, la sua soap preferita.

Segnato dalla sofferenza, rifiuta l’amore e dubita dell’amicizia, tanto per non dover sentir mai la necessità di venir a compromessi con ciò che è e difficilmente può cambiare: un’esistenza marcata da una voluta solitudine la sua, ma vissuta a tu per tu con una razionalità cinica, strafottente, esibita e efficace.


Sa fustigare pubblicamente vizi e difetti di chi lo circonda, è sgarbato coi suoi pazienti ordinari quanto basta per far capire al telespettatore che questi, altri non sono che la personificazione del conformismo declinato nei suoi modi markettari e di tendenza: la pantomima delle visite in clinica sono una satira dei costumi contemporanei e House è un novello Marziale che con un solo preciso diretto mette knock out il telespettatore stesso, che si sente smarrito, perfin in imbarazzo a volte.


Al burbero medico bastano poche concise battute per mettere in discussione una vita intera: tutti i co-protagonisti vedono le loro certezze crollare di fronte alla logica spiazzante di un House che, nei dialoghi coi comprimari, trasforma il serial medico in un noir esistenziale: la felicità è un’illusione e, per essere felici davvero, è necessario non saperlo (così sosteneva Pessoa), e House ha il vantaggio di aver scelto l’infelicità come cifra caratteriale e caratteristica, per cui niente e nessuno può scalfire un’illusione che egli non ha.


Una volta stabilito che infelicità fa rima con realtà e fattane scelta di vita, il primario di medicina interna è al riparo, il mondo che si è cucito addosso gli casca a pennello, come le sue giacche. E il suo bastone è monito perenne, lo accompagna per fargli sentire il dolore anche quando il dolore non c’è, e lo fa sentire vivo (e, paradossalmente, dinamico) perché quel bastone è anche la leva sulla quale poggiare il mondo che ha plasmato e con la quale sollevarlo questo mondo.

House non lascia spazio ad alcuno che non sia se stesso, ogni relazione è impossibile perché comunicare è impossibile; comunicare è impossibile perché “tutti mentono”.

House lascia solo una speranza: “la verità comincia dalle bugie”.


Non la verità in sé, ma l’indagine, la ricerca della verità lo muove, lo appassiona e appassiona il telespettatore proiettandolo nel medesimo viaggio di House, dentro e fuori il corpo e l’animo umani, dove ci si maschera di bugie per occultare una verità che ha da svelarsi, se come House, si ha il coraggio di gettare la maschera. O di far tutt’uno con essa.

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Saturday, November 11, 2006

Il Paese è impazzito, il Governo dà i numeri…

…il lotto è alle otto mentre il piatto piange. E magari il croupier di Palazzo Chigi avesse l’autorità per dire “les jeux sont faits, rien ne va plus” al Suo Esecutivo e ai Suoi riottosi alleati di Governo. Forse gli manca il carisma, chissà, fatto sta che rode e se la prende col Bel Paese: tutti matti in Italia secondo il nostro Premier, prima il Parlamento che gli chiedeva di riferire sul caso Telecom, adesso gli elettori stessi; chissà se c’è distinzione di gradi nella follia fra chi l’ha votato e chi no.
Italiani psicolabili dunque, perché si lamentano di una Finanziaria che considerano ingiusta, rei di non guardare al futuro: e mica tutti noi abbiamo la palla di cristallo o facciamo le sedute spiritiche, al massimo, siamo tante piccole Cassandre.
Il popolo un po’ di matto in effetti è uscito, a forza di far di conto per capire se dove quando perché dovrà pagare o non pagare di più tasse e gabelle che un giorno ci sono e un giorno non ci sono più, per ricomparire (magari anche ben accompagnate da qualche altro balzello nuovo di zecca) il giorno appresso, manco fosse il mago Copperfield l’ideatore di ‘sta Finanziaria!
E mentre noi volgo disperso si ha da ripescare il senno lassù sulla Luna, appeso ad asciugare come fosse un paio di mutande qualsiasi, seppur in compagnia del sacro vessillo degli yankee, quaggiù il Premier ha da fare il medico dei pazzi: i Suoi, un po’ siedono sugli scranni, un po’ manifestano in piazza contro se stessi; casi patologici di schizofrenia conclamata.
Chissà di quel senno andato perduto, se mai lo recupereremo: perché sembra proprio che non basti un comunista furioso qualsiasi, e nemmeno un’angelica Montalcini qualunque, se il medico dei pazzi dice che non ci sono elezioni imminenti, ed è vero.
Per ora noi italiani ce ne stiamo qui, buoni buoni, a contare i giorni mentre ci manca qualche venerdì: ma non ditelo ai turisti stranieri, sennò poi vogliono lo sconto sulla tassa settimanale di soggiorno.


Dichiarazioni di Romano Prodi tratte da Ansa.it

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Thursday, November 09, 2006

Il crimine paga dove l'ignoranza mortifica


Sì all’invio dell’esercito a Napoli e in qualsiasi altro posto in Italia (e ce ne sono) dove tale drastica misura si renda necessaria. È qualcosa che si deve alla gente onesta e civile, per l’orgoglio stesso di uno Stato che latita laddove i latitanti sono di casa.
La cruda realtà è che esiste solo un modo per far sì che organizzazioni criminali e malavitose come la camorra siano limitate drasticamente nell’esercizio delle loro attività illecite: giocare la partita temporaneamente con le stesse regole. Dove lo stato di diritto non c’è più, si rende necessario dichiarare la resa dello stato di diritto, la sconfitta, per risorgere dalle proprie ceneri: Araba Fenice di una civiltà partenopea che non c’è più.
Ad eventi straordinari, misure straordinarie, ed oggi, uno Stato come quello italiano, non può permettersi di considerare sangue e immondizia per le strade di Napoli come un semplice giorno di ordinaria follia.
Se i nomi si conoscono, se i clan in lotta fra loro sono stati chiaramente identificati, occorre un intervento rapido ed efficace, che evada dalla prassi ordinaria, e che dimostri a tutti prima la forza dello Stato e poi la giustizia: che efficacia avrebbe mai applicare la giustizia dove vige la legge del più forte e dove solo i forti possono applicare la giustizia?
Ma l’intervento straordinario, di per sé, non basta.
Occorre un lungo processo di educazione, capillare sul territorio, e occorre che lo Stato, se in una mano purtroppo tiene il mitra, l’altra la porga: perché la camorra da lavoro, lo Stato no.
Lo Stato non protegge e dovrebbe, la camorra sì e non dovrebbe.
Lo Stato non c’è, la camorra sì.
Assistenza e solidarietà a chi comprende che il crimine non paga, e se paga lo fa a caro prezzo: quello della propria civiltà, della propria dignità di essere umano, della convivenza civile e dell’armonia sociale.
Prima ancora che all’obbedienza delle regole del vivere civile, lo Stato deve allora educare alla disobbedienza, a quella sana ribellione allo stato (delle cose) nello Stato.
Solo così si potrà salutare festosamente il ritorno (o l’avvento?) dello Stato per le strade di Napoli.
Solo i vincitori si accolgono con gioia.
I perdenti non sono graditi.
L'immagine è tratta dal sito: Ammazzateci Tutti

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Saturday, November 04, 2006

Voti all'asta

"Approvato un emendamento: 14 milioni di euro per gli italiani all'estero in cambio del voto a Palazzo Madama del sen. Pallaro" (tratto da Corsera).
Per non correre ulteriori pericoli al Senato, il Ministro Padoa Schioppa prevede un ritocchino al rialzo della manovra...

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Friday, November 03, 2006

La sinistra e la Mercedes

Sarà anche che lei non è disposta a rinunciare (così dice) alla TAV.
Battagliera sull’Expo lo è stata, ma alla fine, i suoi amici in quel di Roma, le hanno preferito Milano.
Non ha intenzione di cedere il traffico aereo a Roma solo per salvare un’azienda (l’Alitalia) che è destinata al fallimento.
La Governatrice del Piemonte ha fatto sentire il ruggito del motore, ma più che ad una Mercedes assomiglia ad una FIAT che peraltro, tossicchia.
E se le manovre in Finanziaria sul bollo auto sono aiuti indiretti alla casa automobilistica di casa (aiuti dei quali peraltro, stando ai dati, ora non ha bisogno), cosa poteva fare Mercedes Bresso, che gli stabilimenti ce l’ha sotto casa?
Ammesso (e sicuramente non concesso) che la Finanziaria non cambierà più da qui alla sua approvazione, a tutt’oggi: “Il testo dell'emendamento chiarisce inoltre una volta per tutte che a non avere alcun aggravio rispetto al 2006 saranno solamente i proprietari di veicoli Euro 4 ed Euro 5 (quelli considerati meno inquinanti), purché siano di potenza inferiore ai 100 Kw. Al di sopra di questa soglia anche i veicoli con motori di nuova generazione saranno chiamati a pagare un bollo più elevato rispetto a quanto fino ad oggi previsto.” (leggi tutto sul Corsera).

Sì, la Finanziaria cambierà ancora, ancora, ancora e chissà quante volte ancora.
Ma il bello è questo.

Dunque, tutti, e soprattutto chi finora non si è potuto permettere di cambiare l’automobile, pagheranno di più. E a pagare ancor di più sarà chi ha l’auto più vecchia, modelli griffati Euro 0 e Euro 1. Se chi appartiene a queste categorie nel resto d’Italia piange, si trasferisca in Piemonte dove c’è da ridere. Infatti, un comunicato stampa della regione Piemonte datato 23 ottobre 2006 rende nota una delibera regionale per la quale: “Dal 15 gennaio 2007 nei 35 Comuni piemontesi più inquinati dalle micropolveri, quelli dell’agglomerato di Torino e quelli al di sopra dei 20mila abitanti nel resto del Piemonte, le autovetture Euro 0 ed Euro 1 diesel ed Euro 0 benzina si fermeranno definitivamente dal lunedì al venerdì, almeno 5 ore al giorno per il traffico privato, almeno 3 ore al giorno per il traffico d’impresa.” (leggi l’intero comunicato stampa).
Il provvedimento riguarda le province di Torino, Vercelli, Novara, Cuneo, Asti, Alessandria, Biella e Verbania.

Un capolavoro.

Non puoi comprarti l’auto nuova? Siccome sei povero inquini l’ambiente più dei ricchi che l’auto la possono cambiare ogni anno, quindi paghi di più, l’ecologia ha un costo, sorry!

Non puoi comprarti l’auto nuova? Anche se paghi di più perché inquini, comunque inquini, quindi vai a piedi, perché se anche l’ecologia ha un costo (che paghi tu), la tua auto inquina lo stesso, chiaro no? Sorry!

La sindrome di Tafazzi ha raggiunto la sua fase acuta: questo è un caso per il dottor House; ma forse, perfin lui cederebbe di fronte a chi vuol farsi del male ad ogni costo.

Governatrice Mercedes Bresso, dia retta, cambi nome: si sa che lei porta il nome di una Madonna, ma là a Roma qualcuno potrebbe approfittare dell’ambiguità per tassare i suoi natali.

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Wednesday, November 01, 2006

Famiglia Cristiana presenta...Hit Parade!

“La classifica - stilata da 'Famiglia Cristiana' che ha commissionato un sondaggio alla Swg vede al primo posto Padre Pio con il 31% delle invocazioni, seguito da Sant'Antonio con il 25%. Maria è terza con il 9%, mentre San Francesco con il 7%, Santa Rita San Giuseppe con il 4% superano Gesù cui si rivolgono direttamente nelle loro preghiere solo il 2% dei cattolici. In graduatoria, appaiati a quota 1%, figurano poi San Gennaro, San Rocco, Madre Teresa, Sant'Agata e San Gerardo.” (leggi tutto…).

Dalla gestione preferiti del web alla classifica dei santi più gettonati dell’annata 2006.

Fa incetta di consensi Padre Pio, probabilmente si è dato al miracolo e alle grazie commerciali, quelle che suonano pop quel tanto che basta ma non troppo, così da stuzzicare il gradimento anche dell’intellettuale naif.

Il radical chic, invece, si presume preferisca i toni più lounge di un Sant’Antonio più dimesso, ma non per questo meno ispirato: sound celeste e atmosfera paradisiaca.
Nel suo ultimo tour, era letteralmente in stato di grazia; una gioia per tutti i suoi fan.

Maria si colloca solo terza quest’anno: nonostante il suo soul immacolato, soffre troppo la concorrenza di una Madonna ben più terrena di lei…

Rimane giù dal podio San Francesco che paga il coraggio di essersi dato alla musica sperimentale: ha fondato un’etichetta indipendente e abbandonato le grosse major, quelle dai soldi facili fatti con le produzioni scadenti.

Exploit di Santa Rita in quinta posizione, appaiata assieme a San Giuseppe che quest’anno si è fatto fregare la medaglia di legno da San Francesco. Il look vintage-comunista per lui non funziona più, ma lo zoccolo duro dei fan c’è ancora e lo premia. E poi, tutto quel gossip su di lui, Maria, il loro bambino: lei ne è uscita bene e regge il mercato, ma per lui, fatica pubblicitaria tutta sprecata e immagine da rifare…

Ultimo, nonostante i quattro migliori agenti di marketing e pubblicità che esistano al mondo si siano messi al Suo servizio cucendogli addosso un personaggio impossibile, impareggiabile, divino, ultimo è arrivato Lui: Gesù.
Ma non c’è da stupirsi, è una legge di mercato: i figli d’arte non vendono mai.
E anche i padri, quando invecchiano, non se li fila più nessuno.
Neanche se sono stati loro ad inventarsi il mondo (della musica).

Fonte: AdnKronos


 
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