La sai l'ultima?
La satira sul papa poi, esiste da sempre: particolarmente arguta quella sul papa re che vanta una tradizione che va da quella altolocata di Giuseppe Gioacchino Belli a quella più popolana, ma non per questa meno apprezzabile, della leggendaria figura di Pasquino.
E il problema infatti, non sta nella satira che si fa del cattolicesimo, questa è pienamente legittima: si può disquisire di buono o cattivo gusto, ma questo, è un altro paio di maniche.
Ciò che inquieta è l’ennesima ipocrisia laicista mascherata di dolci, rispettose e ossequiose buone intenzioni; buone intenzioni che, non si sa perché (forse lo si sa, a dire il vero) si manifestano sempre come tese nella stessa direzione.
La satira sul cattolicesimo dunque sta bene: ma perché non satireggiare su altre religioni? La domanda è più che legittima. I guitti accampano la più credibile delle scuse: se si chiede loro di farci ridere sull’Islam, ci rispondono che è una realtà che conoscono poco, che il pubblico stesso conosce poco; insomma, tutti rideremmo poco. Possiamo pure farcela andare giù la tal motivazione, ma mica per molto ancora, se è vero come è vero che le nostre società occidentali sono sempre più multiculturali, multietniche e multireligiose. E poi, proprio a ben vedere, la satira, fin dai tempi di greci e latini, è conservatrice: si fustigano e si deridono le novità, il diverso, ciò che si inserisce come nuovo in un contesto di abitudini e tradizioni già assodato, e questo proprio per esorcizzarlo il nuovo che avanza, inserirlo, rendercelo più familiare attraverso una risata. Non è una scusa ben argomentata quella dei capicomici dunque, ma è la meno fastidiosa.
Molto più fastidiose (e che fanno anche ridere per non piangere) sono certe argomentazioni folli e prive di senso che non di rado sono espresse. Secondo taluni infatti, la satira non offende la sensibilità religiosa di un cattolico tanto quanto offenderebbe quella di un musulmano; una posizione questa, sostenuta mescolando fra loro piani differenti. Non si può sostenere infatti che il maggior o minor grado dell’offesa dipenda dalla rilevanza teologico-dottrinale delle figure oggetto di scherno; non si può sostenere cioè che prendere in giro il papa è meno grave che prendere in giro il profeta maometto, poiché non è la comparazione della loro rilevanza all’interno di due rispettive confessioni di fede quella che è in gioco, ma è in gioco bensì la sensibilità del credente, e misura di una sensibilità offesa non è certo un metro che afferisce alla dimensione teologica: è un sentimento personale quello che viene leso da una battuta di pessimo gusto, mica una dottrina religiosa. A pensar che venga lesa una dottrina intera è proprio il credente di fede musulmana (che tra l’altro, non avendo storicamente mai avuto una teologia forte colla quale foraggiare la propria fede, di riflesso vede, in una qualsiasi ironia satirica rivolta ad un aspetto della sua fede, un’offesa alla totalità trascendente di Allah); insomma, il laicista ragiona come un uomo di fede musulmana (sic!). Ragiona invece come un talebano cattolico quando afferma (raggiungendo l’apice della sua dogmaticità) che non si sognerebbe mai di far satira sui testi sacri, di qualunque credo siano, e che mai nella storia della satira sono stati derisi bibbia e vangeli. Al di là della spudoratezza dell’ultima affermazione (ma chi anche tra i comuni mortali non ha dileggiato la bibbia o il vangelo almeno una volta nella vita, chi? Alcuni comici ci hanno campato per anni…), la domanda è un’altra: qual è il motivo per cui ci sarebbe proibito addirittura moralmente di far satira su testi che per una parte della società civile sono sacri? Esiste un’argomentazione razionale, o è la paura del fulmine di giove (o forse, degli integralismi che fanno rima con terrorismi…)? È il rispetto dovuto ciò che me lo impedisce? Il rispetto si porta evitando la volgarità e l’insulto gratuiti, qui si parla di ridere insieme di un mosé che separa le acque tanto quanto di un maometto che vola in sella ad un cavallo con la testa di donna: entrambi gli episodi sono contenuti nei testi sacri delle due religioni, che facciamo? Ci tratteniamo dal sorridere? Non vorremmo che per rispetto, gli amici laicisti intendessero significare che dobbiamo anche crederci a certe cose, farebbero prima a dirsi pagani creduloni e non più amici della ragione umana che dubitano d’ogni cosa che si professa per fede. Sembra che questo professato rispetto sia piuttosto paura, paura di offendere chi non accetta le regole di una democrazia e di una società laica che prevede e si è conquistata anche con il sangue il diritto alla libertà di espressione in ogni sua forma debita, libertà che non può essere limitata da nessun credo religioso, né cattolico né islamico.
La satira non ha solo il diritto, ma perfino il dovere di esercitarsi sulle realtà costituite dalle confessioni religiose avendo come limite il solo limite che la comunità umana possa imporre, ovvero quello della decenza, della delicatezza, della non volgarità.
Porsi da sé dei limiti non richiesti dalla morale è una sconfitta per l’intelletto, per la ragione, per la società libera.
Che nessuno si senta in dovere di ammutolire la propria voce, ma anzi ciascuno si batta fino alla morte per il diritto di espressione e di parola di ciascun altro. Anche e soprattutto se quest’ultimo esprimesse ciò che al nostro pensiero non appartiene. È un principio cardine questo, abbatterlo significherebbe l’avvento dell’era di un barbaro, rassegnato silenzio.
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