Le variabili veltroniane
La ri-discesa in campo di Berlusconi ha avuto il merito di rendere chiaro e distinto a tutti che Romano Prodi e il suo governo sono stati sorpassati a sinistra e al centro, di sopra e di sotto. Non si spiegherebbe altrimenti perché, anziché suonare il campanello bolognese del Presidente del Consiglio italiano per parlare di riforme istituzionali e legge elettorale, i leader dei partiti che compongono la Casa delle Libertà che fu preferiscano fare la fila presso la tenda di Walter Veltroni, capo di due partiti che non ci sono più e segretario di un partito che ancora non c’è. Romano Prodi, circondato da una Corte dei Miracoli che può mandarlo a casa da un momento all’altro, Miracolato lo è: il leader del partito che ancora non c’è non ha nessuna intenzione di mandarlo a casa perché non ne trarrebbe nessuna convenienza. Prodi il miracolato deve ringraziare san Silvio da Arcore: gli ha fatto la grazia. Perché se il Cavaliere non avesse fatto la mossa di San Babila, Walter il buono avrebbe liquidato il Miracolato levandogli pure il TFR. Tuttavia, ora come ora, il Buono non può permettersi di concedere al Cavaliere il favore degli umori della folla: se si andasse a votare adesso, il risentimento nei confronti dell’attuale governo, annesso all’euforia per il nuovo (?!) Partito del Popolo (o qualsiasi altro nome rivendichi a sé Forza Italia), castrerebbe il PD seduta stante, trasformando l’astro nascente (Walter il Buono) in stella cadente. Chiarito che Veltroni non ci sta né ci starà a fare il gioco del Cavaliere (che non per niente tra le due condizioni per il dialogo chiama al voto subito), i giochi (salvo che qualcuno della Corte dei Miracoli non scarichi all’improvviso Prodi il Miracolato) sono rimandati alla scadenza di legislatura, o quantomeno più in là possibile col tempo. Più in là laddove davvero potrebbe aprirsi quella nuova stagione di cui Veltroni parla e straparla da quattro stagioni consecutive: chiarito che, quando sarà, Berlusconi non potrà più rivendicare a sé quella leadership che finora si è legittimata (o auto-legittimata?) a suon di sondaggi e populismi, facendo ricorso a quella che si definisce la volontà diretta del popolo (che è sovrano), Berlusconi non potrà esercitare più alcun tipo di egemonia sulla coalizione di centrodestra che, seppure in forme probabilmente assai differenti da quelle che finora conosciamo, ci sarà e non potrà non esserci. A rendere impossibile al Cavaliere la strategia che finora lo ha legittimato e che egli stesso ha utilizzato come suo cavallo di battaglia (e che è stato al contempo il cavallo di Troia dell’antipolitica nella politica) sarà quella stessa legge elettorale proporzionale senza vincoli di coalizione che fra pochi giorni andrà a discutere al tavolo con Veltroni. Suicido politico o qualcosa rimane nell’oscurità? Alla mossa di San Babila e agli sviluppi degli ultimi giorni si può riconoscere razionalità, intelligenza, lucidità e logica sulla base di uno e un solo presupposto: che Berlusconi abbia l’idea di lasciare a breve Forza Italia e di aver già designato il proprio erede. Che tutto abbia preso le mosse da Milano non è un caso; che i movimenti, i circoli che da qualche tempo tentano di dare nuova linfa a Forza Italia rappresentino (o tentino di rappresentare) quella che vuole (o vorrebbe) essere (o si definisce tale) la parte più dinamica del Paese, che incarna un modello sociale, civile, morale, ben delineato, non è un caso. Se si vuole scavare nel fondo di un partito che spesso è stato definito di plastica, fra le poche personalità di contenuto e spessore politico che Forza Italia ha accudito in questi anni, non si può non pensare al governatore della Lombardia Roberto Formigoni. Si potrebbe obiettare che non ha l’impatto mediatico di Berlusconi, che oramai è, come si direbbe per gli attori, schiavo del proprio personaggio e potrebbe risultare antipatico a quegli italiani (e sono la maggior parte) che non sono la Lombardia. Ma è anche vero che nell’era dell’informazione pervasiva e persuasiva, i media fanno miracoli: all’inizio dell’anno Veltroni inaugurava piazze e vie e presenziava a sagre della porchetta, oggi è leader di un partito che non c’è. Tra non molto la stessa sorte potrebbe toccare al governatore lombardo. Forza Formigoni: mal comune mezzo gaudio.
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