La capretta, il capro (espiatorio) e le capre (che li guardano)
La capretta in questione è un lui, rosso malpelo: il suo habitat è il salotto televisivo, dove con disinvoltura eccessiva trasloca di poltrona in poltrona, pubblica o privata, pomeridiana o serale che sia. Ormai parte integrante della fauna televisiva, da osservatore speciale di Case, Isole e Fattorie si è tramutato, a sua insaputa (forse…) e suo malgrado, ad osservato, mimetizzato e ben a suo agio nel sottobosco catodico. Dall’alto della sua saccenteria boriosa preconizza, giudica e sentenzia. Dategli un ex inquilino, un ex contadino, un ex naufrago: come la lentezza del boia (il serpente, non il carnefice) e il sadismo degli animatori turistici che intrattengono mariti cornuti, saprà digerire e farci digerire la nullità culturale, la piatta e scialba personalità, il vuoto più assoluto delle menti di questi morti di fama. Sennonché un po’ morto di fama lo è anche lui; la capretta, in barba ai buoni propositivi educativi che intende propinarci per affinarci al suo gusto estetico-televisivo, ostenta un’arroganza che non a pari nemmeno collo Sgarbi dei tempi che furono: ma, mentre quel Vittorio discettava di arte dando (giustamente) delle capre a molti di noi, questa capra filosofeggia di nulla sul nulla; si riempie la bocca di qualche vocabolo un po’ ricercato, studia a memoria qualche citazione che fa chic, insulta un po’ il malcapitato di turno e si bea della propria intelligenza quando qualcuno gliele fa notare, con lo stesso adombrato e narcisistico compiacimento che hanno le donne quando qualcuno si gira a guardare loro il fondoschiena. La differenza sostanziale è che lui, probabilmente, sculetta con meno eleganza, ma non con meno eleganza sa proporsi all’avversario dialettico: entra in punta di fioretto per poi partire coi fendenti; non punta mai dritto al cuore: ti lascia sgocciolare un po’ e poi ti infilza, tu sei matato, lui è il matador, il castigatore folle dei morti di fama, quelli che, presi alla sprovvista, hanno lasciato a casa non solo grammatica e sintassi, ma anche il cervello (ammesso che ne abbiano uno). Ci vuole fegato ad affrontare questi soggetti. Ce ne vuole ancor di più a farsi beffe di loro senza un minimo di misericordia. Ce ne vuole tantissimo a reputarsi intelligenti e bravi perché si è in grado di farlo.
"...lasciami la mia libertà, lascia che io muoia di noia per amore di dolore,
per un cavallo per un'idea,
per un sì per un no che stamane ho voglia di
gridare..."
2 Comments:
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Anonymous, at 1:21 PM
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Anonymous, at 8:58 PM
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