Versus vs versus

Monday, July 24, 2006

Da una parte o dall'altra

Sebbene sia auspicabile, non è possibile analizzare l’attuale frangente della crisi mediorientale a partire da attente premesse storiche. La storia israelo-palestinese è troppo lontana perché le cronache vengano in aiuto alla maggior parte di noi, e al contempo, troppo vicina affinché se ne possa dare un’interpretazione sintetica e condivisa.
Si rende perciò obbligatorio analizzare il presente, e rilevare come non siamo più di fronte ad un conflitto che contrappone unicamente israeliani e terroristi palestinesi; sono altri i protagonisti della scena, come da più analisti messo in evidenza: Siria, ma ancor più Iran muovono le pedine di Hamas ed Hezbollah nella volontà di tracciare un nuovo assetto geo-politico dell’area mediorientale.
Un’efficace sintesi della situazione odierna è rintracciabile nelle parole di Benedetto XVI: “I libanesi hanno diritto di vedere rispettata l'integrità' e la sovranità del loro paese, gli israeliani hanno diritto a vivere in pace nel loro stato e i palestinesi hanno diritto ad avere una loro patria libera e sovrana”.
Le parole del Papa sottolineano come ciò che si rende più urgente è la ripresa del cammino di pace fra israeliani e palestinesi che si è bruscamente interrotto coll’uscita di Sharon e l’entrata (democratica) di Hamas; il partito palestinese è stato in questi mesi prepotentemente strumentalizzato dal presidente dell’Iran, Mahmud Ahmadinejād, che, facendo leva sull’antisemitismo che serpeggia nelle classi arabe emarginate, ha di fatto impedito ad Hamas la possibilità di assumere una qual si voglia forma democratica che avrebbe prediletto la via diplomatica a quella violenta.
Forti di questa situazione politica inconsueta, e fomentati dalla Siria con ogni probabilità, anche gli Hezbollah hanno ripreso i loro attacchi ai territori israeliani.

La reazione di Israele, visti i fatti e le minacce, verbali e non, è stata inevitabile (dal punto di vista della ragion di Stato); doverosa per uno Stato che vede minacciata la propria sovranità, inviolabilità e sicurezza.

Tuttavia, non si può nascondere, dietro la giustificazione del diritto ad esistere, la violazione da parte israeliana della sovranità dello Stato libanese. Che Israele se ne assuma la responsabilità di fronte alla comunità internazionale, consapevole di aver dovuto fare una scelta che ha implicato delle conseguenze. Il diritto a difendersi non implica de iure alcun diritto a muovere guerra contro una popolazione civile inerme e soprattutto estranea ai fatti.

Ma ciò non significa per noi occidentali farci scudo dei concetti di equidistanza, o equivicinanza, che dir si voglia, per sottrarci a delle responsabilità che hanno da essere ben chiare e definite: io italiano, io europeo, io che ho conosciuto la Shoah, non posso permettere né accettare che alcun Paese minacci Israele di annientamento e non diritto ad esistere sulla base dell’antisemitismo discriminatorio e aberrante tanto nelle sue conclusioni quanto nelle su premesse.
Senza contare che un attacco di tale portata e pur sempre anche un attacco al modello societario e politico di Israele che è quanto di più vicino a me possa esserci in Medioriente.
Rispetto ogni forma di aggregazione civile mediorientale e non, ma non posso tollerare l’intolleranza nei confronti dei miei valori, né un attacco allo stato di Israele sulla sconcertante base di una fantomatica razza ebraica da perseguitare e annientare.
Non posso e non devo accettare tutto ciò.

Per non dimenticare.

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1 Comments:

  • Caro bonny,
    finalmente rispondo tuttavia toccando solo alcuni punti nevralgici della tua lunga (e documentata) argomentazione.
    Come hai notato ho toccato un punto particolare della situazione che si è andata delineando in queste settimane in Medioriente, ovvero il ruolo dell’Iran.
    Quando “accantono” la storia compio un’operazione scorretta per avere un’analisi corretta: un’analisi approfondita della questione mediorientale a partire dalle sue radici storiche richiede una compiuta elaborazione e una lunga documentazione che francamente non padroneggio a sufficienza; avrei rischiato sicuramente di partire da un’ottica viziata e così sarebbe risultata la mia analisi.
    Ho preferito dunque manifestare le preoccupazioni che secondo me l’Iran desta con la sua politica antisionista.
    Non rilevo contraddizione nel voler “accantonare” una porzione di storia come quella mediorientale per poi far leva sulla Shoah per sostenere alcune mie ipotesi: la prima è una storia ancora poco conosciuta e poco chiara per molti, ancora sotto l’interpretazione degli storici; la seconda è tristemente nota a tutti.
    Israele non è una democrazia compiuta: ma quale democrazia può dirsi compiuta? Ogni forma democratica ha ancora tanto cammino davanti a sé per dirsi compiuta. Allora dico Israele a me vicina proprio in quanto democrazia incompiuta; di certo è a me più vicina di quanto lo sia un governo non democratico o una cultura che non conosca e riconosca la democrazia.
    Detto ciò, non giustifico nel modo più assoluto le esagerate forme di violenza che la cronaca in questi giorni tristemente ci riporta., ma occorre rigore e freddezza perché si possa sempre ben analizzare motivi e spiegazioni di certi atti, senza farsi prendere dalla partigianeria: condanno fermamente i bombardamenti di Beirut e ogni vittima civile innocente, ma allo stesso tempo non posso dire che gli Hezbollah non rappresentino il Libano; sarà così di fatto, ma de iure membri del governo libanese sono membri di Hezbollah. Accanto alla condanna di certi atti di violenza ingiustificata di Israele devo sempre tener presente la possibile spiegazione di questi atti, che sta laddove il governo libanese non sia riuscito ad estromettere dalla vita del Paese Hezbollah, né si è preoccupato del disarmo del suo braccio armato.
    Quanto ai punti di accordo che si possono trovare tra le nostre rispettive posizioni, accolgo quasi tutti i punti da te esposti (tranne che Hezbollah non rappresenti i libanesi, ma vale la distinzione de facto de iure summentovata), soprattutto sul ritorno ai confini pre ’67: e qui ci confermiamo uniti nell’utopia perché è pressoché impossibile che il governo di Israele ingaggi una sorta di guerra civile intestina per sgomberare i coloni dalla Cisgiordania (viste già le difficoltà avute nella Striscia di Gaza, questa sarebbe un’operazione assai più improba). A mio avviso, ma ho più volte denunciato la mia scarsa dimestichezza con certi temi, sarebbe più proficua la ripresa e l’aggiornamento della Road Map: questa potrebbe realizzare la nascita dello stato palestinese sottraendone la popolazione alle nefaste strumentalizzazioni di alcuni paesi di quell’area.
    Spero di essere stato puntuale e preciso e di ritrovarci in alcune posizioni.
    Un saluto
    AV

    By Blogger Versus, at 11:55 AM  

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