Versus vs versus

Friday, July 07, 2006

Giudicare il silenzio

È quantomeno imbarazzante il silenzio che i media internazionali oppongono riguardo la situazione mediorientale che nelle ultime ore si è ulteriormente aggravata con l’avanzata dei tank israeliani nella Striscia di Gaza e l’ordine impartito alla polizia palestinese di sparare ai soldati dell’esercito di Tel Aviv.
I fatti di ieri (nonostante i morti siano stati più di 20 in 24 ore) hanno avuto poco spazio nei nostri notiziari; il TG1 ha relegato la cosa a quello che probabilmente era il sesto o settimo servizio, dietro un brillante reportage sul bagarinaggio ai mondiali; per giunta, il servizio dedicato alla situazione in Medioriente era in realtà una sorta di dichiarazione ufficiale di un esponente (donna) del governo israeliano abilmente mascherata da intervista, il cui succo è stato: “Non sta accadendo nulla di anormale quaggiù, state pure tranquilli”. Perché ci dovremmo fidare della sua parola senza avere una dichiarazione della controparte resta un mistero che pertiene alla coscienza dei giornalisti RAI.

D’accordo il gatekeeping, il newsmaking e l’agenda setting, ma è possibile che quattro gocce in Italia abbiano più rilevanza di una quasi guerra in Medioriente?

I media, il cui compito sarebbe quello di fornirci informazioni e strumenti critici per leggere la realtà, sembrano piuttosto aver perso il senso della realtà, della gravità e della priorità: che idea possiamo farci di quella delicata situazione se resta per noi difficile attingere alle più basilari e semplici informazioni, se persino la cronaca spicciola dei fatti, in questa occasione, latita?
Ovvio che gli interrogativi allora si spostino in un’opinione pubblica attenta e, forse maliziosamente, non interessa più il perché la situazione tra israeliani e palestinesi stia precipitando, ma piuttosto: perché i nostri mezzi di informazione ce ne tengono all’oscuro?

C’è qui in gioco un dovere deontologico che prescinde dal criterio del fare o non fare notizia: faccia o no notizia, dal Medioriente dipendono molti dei futuri assetti geopolitici e delle mosse strategiche che Paesi oggi in rotta di collisione con l’Occidente valutano di opporre a favore dei propri interessi.
Perché l’opinione pubblica dovrebbe essere tenuta lontana dalla possibilità di porre una propria valutazione?

È allora il caso di sollevare più di un dubbio nei confronti di una comunicazione di massa che anziché fornire un servizio, quello di fornire gli strumenti critici di interpretazione della realtà, droga la realtà, oscurandone una parte e spacciandone un’altra come più reale del reale, sulla base di una gerarchia di valori totalmente falsa e sballata o, peggio ancora, utilitaristica e corrotta.
Entriamo in un circolo vizioso quando ci chiediamo il perché di uno status dell’informazione e della comunicazione che avvelenano le capacità interpretative e critiche del destinatario anziché favorirle: è un perché che l’informazione e la comunicazione stesse dovrebbero aiutarci a comprendere.

2 Comments:

  • perplessa per questo silenzio e dalla non curanza dei pacifisti per questa guerra (perchè di questo si tratta) non capisco neppure il non sfoggio di neppure una bandiera della pace che è diventata vessillo anche durante le sfilate del gay-pride, manifestazione durante la quale il silenzio dei media non avrebbe dato proprio fastidio a nessuno.
    Se ci fosse stato Moggi dentro un carroarmato palestinese sicuranete avrebbe avuto le prime pagine anche dei quotidiani sportivi.
    DORa

    By Anonymous Anonymous, at 5:58 PM  

  • L'unico italiano sulla spiaggia di Den Haag, ma vi assicuro che ho gridato per cento. E i cinesi (con tanto di magliette e scarpe tricolore) erano tutti con noi.
    Per tutte le persone (giustamente) preoccupate per i destini di questo mondo, consiglio la lettura di quella Bibbia (dannata) del cosiddetto liberalismo politically correct che e' l'Economist. Si parla ogni pagina della necessita' di attaccare lIran e si fa gia'la conta degli "amici".

    By Anonymous Anonymous, at 12:48 PM  

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