Versus vs versus

Tuesday, June 20, 2006

L'eclissi della ragione/2

Le posizioni prese poche settimane fa dal Ministro dell’Università Fabio Mussi in materia di bioetica vanno chiaramente contro alle volontà e gli orientamenti del popolo italiano che attraverso l’astensione massiccia dal referendum sulla legge 40 si era già espresso contro la ricerca sulle cellule staminali embrionali.

Il 16 giugno l’Unione Europea ha dato il via libera a tale tipo di sperimentazioni, seppur con una maggioranza risicata, violando peraltro a nostro avviso la Convenzione di Oviedo che gli Stati membri firmarono nel 1997 e che all’articolo 2 del capitolo I recita: “Gli interessi e il bene dell'essere umano devono avere priorità rispetto al semplice interesse della società o della scienza”.
Questo tipo di ricerca richiede l’uso di embrioni umani che vengono distrutti allo scopo di ricavarne cellule sulle quali sperimentare; e poiché l’embrione umano è vita umana a tutti gli effetti (e ogni altra definizione datagli che non preveda tale status ontologico non può che essere biologicamente falsa, strumentale e compiacente verso le potenti lobby economiche della ricerca che non ricercano il bene dell’umanità tanto quanto il profitto), tali sperimentazioni violano un principio che non è affatto religioso ma ugualmente sacrosanto: non è possibile usare e abusare della vita umana come mezzo, ma è necessario considerarla sempre come fine.

Non ha senso distinguere tra una bioetica laica e una cattolica: la buona bioetica passa per una corretta visione antropologica. È necessario che alla base di ogni ricerca scientifica si considerino i diritti fondamentali dell’essere umano, e l’embrione è essere umano e ne va tutelata l’inviolabilità, l’integrità e la dignità.

Nonostante la volontà popolare, gli italiani si ritroveranno obtorto collo a finanziare ricerche su staminali embrionali, nell’eventualità, tra le altre cose, di stornare fondi alle ricerche che lavorano su staminali adulte, che non pongono particolari dilemmi etici, che hanno finora raggiunto risultati di gran lunga migliori rispetto alla sperimentazione su staminali embrionali, e delle quali in Italia siamo tra i più competenti all’interno della comunità scientifica internazionale.
La ricerca sulle staminali adulte ha già trovato risultati applicati nella prassi medica quotidiana(i trapianti di tessuti, ad esempio), mentre le ricerche su staminali embrionali destano più di una perplessità viste le difficoltà nel controllarne lo sviluppo. Nonostante ciò, tali tipi di ricerche vengono spacciate come la panacea di tutti i mali, mascherandone abilmente il costo etico.

La posizione del Ministro Mussi, prontamente bollata dai suoi alleati di governo come personale, desta in realtà più di una preoccupazione; dato che il Ministro dell’Università è anche Ministro della Ricerca, appaiono chiari quelli che sono i suoi orientamenti.
Dubitiamo tra l’altro di una preparazione specifica del nostro Ministro in fatto di bioetica.Non fa tanta paura chi usa e abusa della vita umana come mezzo per la collettività nella consapevolezza di ciò che fa: fa più paura chi, per posizioni ideologiche o grettezza intellettuale, ignora ciò che fa facendolo.

Saturday, June 17, 2006

Un flash sulla giustizia

La giustizia inglese ha deciso di archiviare l'indagine che riguardava la top model Kate Moss e il suo "presunto" uso e spaccio di sostanze stupefacenti.

Motivo: insufficienza di prove



A lume di naso, qui qualcuno si è soffiato le prove...

Tuesday, June 13, 2006

Appuntamento al

Per alcuni giorni non sarà possibile aggiornare il blog.
Ci scusiamo per l'incoveniente e Vi diamo appuntamento a sabato 17 giugno p.v.

Thursday, June 08, 2006

L'eclissi della ragione/1

Il matrimonio civile regola il rapporto fra due persone agli occhi della legge, ne stabilisce gli obblighi, diritti e doveri, la posizione di fronte a terzi: è la soluzione affinché una coppia eterosessuale veda riconosciuto il proprio legame dalla società civile.
Giustamente il matrimonio civile, che si fonda sull’istituzione della famiglia (istituzione fondante anche per la nostra Costituzione), è precluso alle unioni omosessuali; giustamente perché, nel pieno rispetto che si ha per due persone dello stesso sesso che decidono di legarsi affettivamente, la coppia omosessuale non riconosce alla propria base il valore e il concetto della famiglia così come da sempre intesa e regolata. Nulla di male: ciò non fa di una coppia omosessuale due perversi e diabolici esseri viventi; semplicemente non può loro essere riconosciuta la dignità e la tutela di un valore che non professano.
Ma, va tutelata la dignità e il rispetto di altri valori in gioco: non farlo significherebbe negare quei diritti fondamentali dell’individuo di una coppia che ad altri, attraverso le opportune prassi civili, vengono riconosciuti.
Non esistono cittadini di serie B ai quali negare ciò che lo Stato può e deve riconoscere.
Ecco perché dire sì ai PACS (Patti Civili di Solidarietà) è un atto di civiltà e democrazia: ci sono diritti da tutelare nei confronti di due persone, indipendentemente da quelli che sono i loro orientamenti sessuali; se così stanno le cose, l’opposizione ai PACS non può che nascere da un atto discriminatorio sulla base di quegli orientamenti sessuali.
Non è chi va a letto con chi che allo Stato deve interessare: quando due persone dello stesso sesso decidono di affrontare insieme il loro cammino di vita costruendo un progetto a due, è più che giusto riconoscere loro la dignità di questa ambizione e aiutarla, dove è possibile: favorire la mutua assistenza morale e materiale; renderli liberi di disporre a piacimento del loro testamento; offrire la possibilità di regolare il regime patrimoniale comune; regolare il diritto di subentro nell’affitto; regolare il diritto di visita in ospedale e la facoltà di prendere decisioni in caso di malattia del partner.

Quella dei PACS non è però una via da prendere con faciloneria; nel rispetto di questi diritti da salvaguardare è al contempo e nella stessa misura necessario salvaguardare il valore della famiglia: unioni gay e famiglia necessitano di provvedimenti distinti e separati perché propugnano due concezioni di vita diametralmente opposte, ma proprio per questo sono in un certo senso correlate; non si può salvaguardare le une senza salvaguardare l’altra, e tutto ciò si ottiene esaltando al massimo quelle che sono le loro specificità.
Ecco perché non si può lasciare che i PACS rappresentino un piccolo passo verso i matrimoni e le adozioni gay, che sono tutta un’altra cosa alla quale opporsi fermamente per chi realizza appieno quello che è il valore della famiglia. Ma altrettanto non si può impedire che i PACS rappresentino un solo grande passo e un punto fermo ispirato ai valori della democrazia e della convivenza civile e sociale.

Sunday, June 04, 2006

Il Ministro CLEMENZA Mastella

E dire che avrebbe voluto gli Interni; Clemente Mastella alla Giustizia ci sta benissimo: sarà per quell’aria un po’ bonaria, trasognata e strasudata, oggi guarda con occhio caritatevole ai carcerati e promette l’amnistia. Lui, che al momento della nomina si diceva, se non impreparato, almeno un po’ profano, si getta subito nell’impresa più difficile con tanto di proclami; e meno male che l’indulgenza plenaria non la può concedere.
E che dire della fulminea grazia concessa a Bompressi e di quella in preparazione per Sofri?
Nel suo fervore misericordioso, neanche una telefonata alla famiglia Calabresi: peccato veniale, qualcuno l’assolverà.
A rischio di sembrare cinici, debite considerazioni su questi provvedimenti attuati o in nuce è pur doveroso farle.

Capitolo grazia. Ovidio Bompressi richiese a suo tempo la grazia. Del tutto legittima la decisone del Ministro e la firma del Presidente della Repubblica. Altro caso è quello di Adriano Sofri: lungi dall’essere giustizialisti e pur essendo consapevoli delle condizioni di salute dell’ex leader di Lotta Continua, resta un arcano il perché dire no alla grazia per Adriano Sofri sia un comportamento incivile, degno di una società barbara e vendicativa.
D’accordo che la nostra Costituzione prevede la concessione della grazia anche in assenza di proposta o domanda dell’interessato, ma quel che c’è da chiedersi è: perché Adriano Sofri non fece a suo tempo domanda di grazia? Perché non la fa ora?
È legittimo per Adriano Sofri, e per quanti credono alla sua innocenza, ritenersi e ritenerlo innocente, ma dopo quattro gradi di giudizio e sette processi è stato o non è stato ritenuto colpevole dalla giustizia italiana?
Graziarlo senza la sua richiesta è o non è uno schiaffo a quella sentenza promulgata “in nome del popolo italiano”?
Certo, ci sono sentimenti in seno all’opinione pubblica nei confronti di un uomo la cui vita è stata messa a dura prova dalle sue vicende giudiziarie, e questi non si possono eludere: sarebbe – questa sì – un’operazione scorretta figlia più del rancore e della sete di vendetta che della giustizia. Ma escludere l’altro corno del dilemma è altrettanto scorretto: sarebbe piuttosto il caso e il tempo di aprire finalmente un serio dibattito sull’opportunità di tale concessione, cogliendo così l’occasione per fare un serio esame di coscienza su quello che furono gli anni di piombo e magari pacificare finalmente gli animi, anche con provvedimenti analoghi per tutti i reati politici, all’occorrenza e solo nella piena condivisione della scelta da parte delle istituzioni ma anche dell’opinione pubblica.

Capitolo amnistia. La soluzione al problema del sovraffollamento delle carceri non è l’amnistia: è costruire nuove carceri. C’è poi la cronaca quotidiana che sta ad indicare le priorità in materia di giustizia che dovrebbero essere care al nuovo governo; troppi gli episodi criminali – che spesso sfociano nel sangue – che vedono protagonisti chi, grazie alle storture di un perverso meccanismo, si è ritrovato a piede libero nonostante una pena carceraria inflitta ma non interamente scontata: la certezza della pena, uno dei cardini del nostro sistema giuridico, è anche uno dei motivi principali per i quali confidare nella giustizia.
In quest’ottica, la proposta di amnistia mina alla fiducia del cittadino, ancor più se si pensa che il termine si configura come una rinuncia da parte dello Stato a infliggere una pena sanzionata. Se questa direzione si è intenzionati a percorrere, allora sarebbe meglio parlare di indulto, ovvero di un condono di parte della pena da scontare o di una sua commutazione.

Forse la formazione politica, culturale e personale del Ministro Mastella fa sì che privilegi certi provvedimenti piuttosto che altri, ma al di là della pacificazione delle coscienze (o del calcolo politico, per dirla coi maligni) è necessario ricordarsi che non sempre un atto di giustizia è un atto di clemenza, e un atto di clemenza non è sempre un atto di giustizia.

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Thursday, June 01, 2006

Come il ghiaccio agli esquimesi

Forse noi italiani non saremo ancora riusciti a vendere ghiaccio agli esquimesi, ma abbiamo fatto di meglio: vendiamo riso ai cinesi. Una delle più grandi, antiche e note aziende dell’industria risiera italiana ha fatto il colpaccio: qualche anno fa alla fiera alimentare di Pechino, presso lo stand dell’Istituto Italiano per il commercio estero c’era un buco enorme da riempire; e che cosa ci sono andati a mettere lì? A metà tra il masochismo e l’autoironia sadica della serie “facciamoci del male”, ci hanno messo il riso.
Il risultato è stato file interminabili per assaggiare il riso italiano dai chicchi grandi e colorati che aveva il condimento già al suo interno.
Da un caso è nato il boom.
Il fenomeno merita una certa analisi: è vero che un mercato di questo tipo conquisterà pur sempre briciole nel mare magnum del mercato e del consumo cinese; ed è anche vero che, una volta esaurita la spinta della moda e della novità del momento, l’entusiasmo per i chicchi grossi e colorati forse si spegnerà, e con esso i profitti.
Ma il caso da la misura di come contrastare e sopravvivere più che dignitosamente alla concorrenza cinese che tanto spaventa i nostri mercati e i nostri prodotti.
Non abbiamo entusiasmato il popolo orientale con chicchi grossi e colorati: non siamo i conquistadores dagli specchietti e dalle perline colorate con cui comprarsi le terre dei Maya. Abbiamo dimostrato di essere capaci di qualità, ingegno e creatività; in una parola, fantasia e capacità realizzative.
I modelli produttivi di Paesi in forte espansione come la Cina sono enormi catene di montaggio dove automaticamente ogni giorno vengono sfornati esemplari imitativi di prodotti già esistenti sul mercato e di ben altra fattura. Anche dovesse riuscire a saturare i mercati con prodotti di – finora – scadente qualità, un sistema che non ha la capacità di cambiare, trasformarsi, adattarsi alle esigenze di mercato, produrre nuovi generi di consumo e le condizioni perché la società ne senta il bisogno, come potrebbe non collassare su se stesso?
Fantasia, creatività, immaginazione: sono frutto di una forma mentis dovuta a determinati modelli di convivenza sociale tipici della società occidentale. La Cina ha, almeno in questo, enormi passi avanti da fare. E a nessun cinese verrebbe mai in mente di aggiungere succo di limone al ghiaccio per vendere ghiaccioli agli esquimesi.


 
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